Marisa Gramola


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cronaca nera

Un’idea di realismo minimo, un’idea minima dell’arte

“ E solo coloro che sono lontani dal potere,
che non sono in nulla legati alla tirannia, rinchiusi nel tepore della loro camera
delle loro meditazioni,
questi soltanto possono scoprire la verità”
(Foucault)

Cronache di vita, ex foto di ordinaria memoria o foto-rèportage di quotidiana passione, documenti di nota realtà: l’artista insegue la vita, ne trasceglie la documentazione vista in quell’archeologia del quotidiano che sono i giornali, la tv e l’album di famiglia, e ne ridipinge i soggetti rigorosamente a olio su tela ma evitando i colori, perché l’aria della storia, delle storie, è rigorosamente in bianco e nero: il contrasto duro che regge ormai le cose. Questa pittura non nasce come distrazione d’artista, ma nasce sul pensiero di una reazione ai tempi, in parte inchiodata al contenuto della scena, in parte trasfigurata nella forma dipinta di una sensazione oscura. Il chiodo del realismo, per fermare l’arte, ancorarla nell’idea di una vita che rischia di perdersi tra i giochi di società sempre più in vena di velenose banalità; L’ala della trasfigurazione oscura, per portare l’arte a bassa quota e dove la vita non cessa di avere la sua tradita origine. L’uso della fotografia ha questo motivo di assicurazione estetica che si tratti di verità contabili; la pittura, nella versione del bianco e nero, paga il necessario prezzo artistico alla solvibilità di ogni altro conto con la vita. ...

Salvatore Fazia

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